Fundraising

Come finanziare una startup: tutti i metodi

12 Dicembre 2022 Virgilio Picca

Quali sono gli strumenti principali per finanziare una start up?

Trovare finanziamenti per la propria startup è una delle sfide che i founder devono affrontare in tutte le fasi di vita della propria attività. La mancanza di fondi può infatti porre a serio rischio il successo della propria idea, ed è uno dei principali motivi di fallimento delle startup.
Ma quali sono i metodi e gli strumenti più adatti a finanziare una startup nelle diverse fasi del suo ciclo di vita, e quali i vantaggi e le caratteristiche di ciascuno? Ne abbiamo parlato con Virgilio Picca, fondatore e CEO di 74 Advisory, società di consulenza il cui core business è quello di offrire CFO services in consulenza a società di diverso tipo — dalle piccole startup alle scaleup, fino alle grandi aziende — e specializzata in attività di supporto nel funding e nel reperire fonti di finanziamento.

Ragazza startupper spiega al suo team come poter finanziare una startup

Come finanziare una startup: tutti i metodi

Come sappiamo, le startup sono realtà spesso caratterizzate da una grande instabilità economica, specie nelle prime fasi del ciclo di vita dove gli elevati costi di sostentamento e i ricavi pressoché nulli possono determinare il fallimento dell’impresa innovativa.

La ricerca di metodi di finanziamento e investitori interessati ad apportare il capitale economico necessario alla startup, è pertanto una fase cruciale per il successo del progetto di business.

Come vedremo, il finanziamento di una startup si può ottenere attraverso diverse modalità, caratterizzate da vantaggi e requisiti differenti. Inoltre, a seconda della fase del ciclo di vita in cui si trova la startup, vi sono differenti esigenze e modalità di finanziamento consigliate. Motivo per cui comprendere in che fase di trova la propria impresa innovativa è il primo passo per l’individuazione della forma di finanziamento più adatta.

Ma quali sono le differenti metodologie di finanziamento? Abbiamo chiesto a Virgilio Picca, founder e CEO di 74 ADVISORY con la quale segue startup ed aziende nelle attività di ricerca di fonti di finanziamento, di parlarci delle caratteristiche dei diversi strumenti a disposizione di una startup, come scegliere il più adatto al proprio progetto e come arrivare preparati di fronte agli investitori per una richiesta di funding.

“Possiamo distinguere le fonti di finanziamento sia per tipologia, ma anche per momento della vita di una startup in cui arrivano,” spiega Virgilio Picca. “Una prima distinzione è tra fonti di finanziamento in equity e fonti di finanziamento in debito — la differenza è enorme.”

Come spiega Picca, esiste una netta distinzione tra queste due tipologie di finanziamento:

  • Finanziamento in equity: con questa tipologia di finanziamento i fondatori della startup o della scaleup cedono quote di partecipazione al capitale sociale dell’azienda — dunque parte della proprietà— in cambio del denaro necessario alla crescita, che non deve così essere restituito. Cedere una parte del proprio capitale è spesso necessario per aumentare il valore della propria startup;
  • Finanziamento in debito: viene erogato da qualcuno, normalmente dalle banche nella forma di prestito, o da formule di finanziamento agevolate e deve essere restituito entro un determinato periodo di tempo, che si chiama periodo di ammortamento.

“Questa è una distinzione generale; quindi il debito si restituisce, l’equity non si restituisce mai, ma si diventa soci con chi finanzia la startup. A seconda poi della fase di vita, le fonti di finanziamento all’interno di queste categorie sono diverse,” spiega Picca.

In queste due macrocategorie, possiamo infatti individuare diverse forme di self e crowdfunding, e di finanziamento da parte di figure professionali come i business angel e venture capital.

I principali metodi di finanziamento di una startup sono:

  • Bootstrapping;
  • Family, Friends and Fools;
  • Business Angels;
  • Venture Capital;
  • Corporate Venture Capital;
  • Crowdfunding;
  • Incubatori e Acceleratori;
  • Finanza Agevolata e Bandi Pubblici;
  • Banche.

Ciascuno di questi ha i suoi vantaggi, svantaggi e prerogative, e può essere più adatto o meno al finanziamento della startup in una fase specifica del suo ciclo di vita e al suo valore. Conoscere i diversi metodi di finanziamento è dunque fondamentale per non rivolgersi alla fonte sbagliata di funding nel momento sbagliato, e senza essere preparati a dovere a ricevere il finanziamento: è difficile ad esempio che una startup neo-costituita possa ottenere un finanziamento in debito, pertanto dovrà reperire fondi dalle diverse fonti di finanziamento in equity. In questi casi il ruolo di uno startup advisor che aiuti e supporti l’impresa diventa fondamentale per instradare la startup nella giusta direzione.

Vediamo le caratteristiche delle diverse fonti di finanziamento, e quando è più opportuno per uno startupper prenderle in considerazione nello sviluppo e crescita del proprio progetto.

Bootstrapping

Il bootstrapping rappresenta una forma di autofinanziamento, ed è indicata per finanziare le spese della startup nelle primissime fasi del ciclo di vita. In questa fase può risultare molto complicato per le imprese innovative trovare le fonti finanziarie necessarie, motivo per cui sarà necessario ricorrere all’autofinanziamento mediante i propri risparmi o alla rinuncia del proprio stipendio, che invece viene destinato al sostentamento dello start-up dell’azienda.
“Chi per primo contribuisce a finanziare la propria startup sono proprio i fondatori,” ci spiega Picca. “È difficile pensare ad una startup appena nata che paga gli stipendi a tutti i founder che ci lavorano. All’inizio, normalmente, non ci si paga lo stipendio: questa è la prima forma di finanziamento di una startup, ovvero io, fondatore, lavoro, presto il mio tempo, presto le mie idee alla startup e non mi pago, quindi “dono” tempo e sforzi alla mia creatura. Non si tratta esattamente di un finanziamento in equity, ma si tratta di non prendere soldi dalla startup, che ne ha bisogno per crescere”.

Il finanziamento tramite il bootstrapping rappresenta la modalità più semplice e immediata per l’apporto di capitale economico nella propria startup, e presenta alcuni vantaggi. Ricorrendo al bootstrapping, i founder della startup non dovranno cedere nessuna quota della propria impresa, inoltre, la preoccupazione di dover utilizzare i propri risparmi li spinge a mantenere elevato il focus sulla validazione e lo sviluppo dell’idea di business, con l’obiettivo di massimizzare l’investimento apportato.

Family, friends and fools (3F)

La modalità di finanziamento denominata Family, Friends and Fools (3F) rappresenta una modalità di finanziamento simile al bootstrapping, ma che coinvolge famigliari, amici e investitori folli. “Si tratta di una forma di finanziamento più evoluta, che appartiene ad una fase della startup un po’ più avanzata. Friends, family and fools, le famose 3 F, sono gente che vuole aiutare lo startupper nello sviluppo del suo progetto,” spiega Picca. “Siamo uno startupper, raccontiamo la nostra idea ad un amico, ad un membro della famiglia, a cui l’idea piace e decide di partecipare all’iniziativa. Immettono quindi liquidità nella startup, entrando nel capitale della stessa. Poi ci sono i fools, gli investitori pazzi, che sentono raccontare l’idea e decidono di finanziarla: non guardano business plan, non guardano se c’è un mercato di riferimento, sono semplicemente innamorati dell’idea e di come viene raccontata”.

L’utilizzo di questa modalità di finanziamento porta a diversi vantaggi, tra cui la possibilità di non dover ricorrere ad investitori o enti esterni, evitando così di subire un impatto sulla governance della startup. Inoltre, il rientro del capitale prestato all’impresa è gestito in maniera autonoma dalla startup, e si tratta di somme di denaro che possono essere ottenute in tempi più brevi rispetto a quelli necessari alla ricerca di investitori, spesso senza necessità di particolari garanzie, consentendo di mantenere quella flessibilità chiave nelle prime fasi di una startup. Tuttavia, il ricorso all’aiuto di amici e parenti potrebbe compromettere il rapporto personale ed influire negativamente sulla crescita della startup. Per questa ragione è sempre consigliabile stipulare accordi formali, che non lascino spazio a fraintendimenti e chiariscano i rischi dell’investimento.

Business angels

Il ricorso all’investimento da parte di un business angel, o angel investor, è una delle forme più utilizzate dalle startup. Il business angel è una persona fisica in possesso di un capitale da investire in progetti di startup o attività che reputano interessanti. Spesso, il ricorso ai business angel rappresenta per molte realtà il primo contatto con un soggetto esterno.

“Salendo di livello nelle forme di finanziamento in equity ci sono i business angel, un gruppo di investitori che investono nella startup prendendo in cambio quote della stessa. Prima di immettere liquidità nella startup, questi investitori tendono a guardare il piano, il mercato, il prodotto e le persone,” ci spiega Picca. “Se c’è mercato, se ci sono persone strong e se c’è un piano bello robusto, si decide di investire”.

I vantaggi derivanti da questa forma di finanziamento sono diversi. Innanzitutto il denaro viene concesso in tempi abbastanza brevi; l’angel investor garantisce la professionalità che spesso manca alle startup nelle loro fasi premature, a livello di skills, specialmente se la startup opera in un ambito vicino a quello dell’attività imprenditoriale dell’investor, nonché di networking , diventando un’importante figura di supporto e di mentoring. Tuttavia, il ricorrere al capitale concesso dal business angel comporta la cessione di una parte dell’impresa ad un soggetto esterno.

ragazzo startupper che cerca un modo per finanziare una startup

Venture capital

Una forma di finanziamento in equity ancora più evoluta è rappresentata dall’intervento del venture capital, ovvero società finanziarie specializzate nell’investimento, che finanziano attività e progetti ad alto rischio.

“Un venture capital è una società di gestione del risparmio: raccoglie risparmi, fa il cosiddetto funding e poi investe questi denari in startup o scaleup particolarmente meritevoli. Il venture capital investe sia su startup, sebbene non all’inizio del loro percorso, che scaleup. È davvero difficile pensare a un VC che investa in una startup neonata o addirittura non ancora costituita, ma talvolta possono investire comunque in una fase — cosiddetta seed — iniziale della startup. Normalmente, tuttavia, il VC investe in una fase già più avanzata: si parla di round post-seed, round A, B o C, a seconda dell’entità,” spiega Virgilio Picca.

Solitamente il venture capital raccoglie somme economiche da vari investitori per poi utilizzarle per investimenti in start-up e scale-up ed impegnandosi a garantire loro un certo rendimento. Così come nel caso dei business angel, un finanziamento da parte del venture capital comporta la cessione di una parte della sovranità della startup, che a sua volta potrebbe avere un impatto non indifferente sulla governance dell’impresa innovativa.
In cambio di un coinvolgimento nelle decisioni dell’impresa, il venture capital garantisce alla startup una serie di vantaggi che altre modalità di finanziamento non sono in grado di assicurare, andando a colmare le lacune che molte aziende, specialmente quando fondate da giovani imprenditori, presentano. La exit del venture capital potrebbe avvenire quando l’impresa viene quotata in borsa, o con l’ingresso di un venture capital più grande, realizzando un guadagno sul primo investimento.

Corporate venture capital

Il corporate venture capital è una forma di venture capital che si occupa di gestire i fondi di un’impresa. Quello concesso dal corporate venture capital è un finanziamento in equity che segue le stesse modalità del finanziamento venture capital, ovvero investendo nella startup in cambio di quote nella stessa, con l’unica differenza che il finanziamento proviene non da un fondo di venture capital ma da un’azienda.

Crowdfunding

Il crowdfunding è una forma di finanziamento per startup che avviene attraverso un finanziamento collettivo. “È una apertura del capitale attraverso piattaforme fintech, molto diffusa come pratica di finanziamento,” ci racconta Picca. Viene realizzato lanciando una campagna di fundraising, in cui più persone possono investire il proprio denaro per supportare la startup.
Ad oggi esistono diverse piattaforme di crowdfunding, in cui è possibile pubblicare il proprio progetto e definire un obiettivo di raccolta, nonché diversi tipi di crowdfunding con differenti “ricompense” per i finanziatori:

  • Equity Crowdfunding: agli investitori viene garantito un ritorno in una piccola quota di partecipazione;
  • Reward Crowdfunding: gli investitori ricevono un ritorno non monetario, spesso nella forma del prodotto stesso della startup;
  • Donation Crowdfunding: i finanziatori non ricevono alcuna ricompensa.

L’equity crowdfunding è sicuramente la forma di crowdfunding più diffusa. A differenza dei business angel o del venture capital, il finanziamento tramite crowdfunding prevede infatti un aumento di capitale sottoscritto da tanti piccoli investitori, ciascuno dei quali acquisisce una quota così irrisoria della startup tanto da non essere in grado, da solo, di impattare sulla sua governance.

Incubatori e acceleratori

Gli incubatori e acceleratori di startup sono realtà molto importanti che si distinguono dalle modalità di finanziamento viste finora. In particolare, gli incubatori per startup non investono direttamente nella startup, ma la “incubano”, generalmente nella fase iniziale del loro ciclo di vita e la aiutano a formare il proprio modello di business. Gli acceleratori per startup, invece, investono nell’impresa innovativa con l’obiettivo di accelerarne la crescita e lo sviluppo. “C’è sempre chi confonde tra incubatore e acceleratore. La funzione è più o meno la stessa, è quella di proteggere la startup in una fase di vita delicata, ovvero la fase iniziale,” ci ha raccontato Virgilio Picca. “La differenza tra i due è il momento in cui avviene questa cura particolare. L’incubatore cura startup che spesso non sono neppure costituite: sono un gruppo di persone che ha un’idea, la racconta, magari partecipa allo Startup Weekend, vince la competizione — non hanno ancora costituito la società (qui spieghiamo come creare una startup) — e vince tre mesi di incubazione in cui vengono messi loro a disposizione dei servizi, spesso gratuiti o a bassissimo costo per la crescita. Un esempio lo sono i servizi offerti da SprintX, incubatore per startup certificato dal MISE. L’accelerazione ha una natura di servizi molto simile, ma è rivolta a startup più avanti nel percorso, magari addirittura già arrivate sul mercato o che hanno comunque già superato la validazione del mercato”.

Finanza agevolata e bandi pubblici

Gli enti governativi come le Regioni, lo Stato e l’Unione Europea sono soliti pubblicare bandi e call per startup, con l’obiettivo di incoraggiare la nascita e lo sviluppo di nuovi progetti imprenditoriali dal carattere innovativo. Questo è possibile tramite la concessione di finanziamenti a tasso agevolato e contributi a fondo perduto. “Gli strumenti di finanza agevolata sono un’importante fonte di finanziamento per startup, per progetti che, a fronte di rendicontazione di costi, ottengono un grant, ovvero un contributo dallo Stato, la Regione o la Comunità Europea,” spiega Virgilio Picca.
Per ottenere i finanziamenti a tasso agevolato previsti dallo Stato e dalle Regioni è necessario partecipare al bando, presentando domanda entro i termini definiti, e soddisfare i requisiti previsti dalla misura specifica.

Banche

I prestiti concessi dalle banche rappresentano una delle forme di finanziamento più note, nonostante siano probabilmente tra le soluzioni più difficili per le startup, specialmente se nelle prime fasi del loro ciclo di vita, data la scarsa storia creditizia e la mancanza delle garanzie necessarie per l’ottenimento del prestito bancario.

“Una startup appena costituita difficilmente riuscirà ad ottenere soldi dal sistema bancario. È vero, ci sono oggi le garanzie MCC che garantiscono i finanziamenti erogati alle startup, ma dobbiamo essere onesti, non tutte le startup riescono ad accedervi, quindi solo alcune banche, in alcune zone, in alcune situazioni, erogano finanziamenti con garanzia MCC. Difficile pensare che una startup neo-costituita, pur avendo un bel progetto, possa in qualche maniera accedere al canale bancario, seppur garantito dal Mediocredito centrale. La legge lo prevede, quindi in linea di principio esiste questa possibilità, ma di fatto è molto, molto remota,” spiega Picca.

“Una banca valuta il merito creditizio, l’andamentale, cioè come l’azienda appare in centrale rischi, un forte business plan. Nell’andamentale valuta anche la storia: ad esempio seguo un’azienda come fractional CFO, e questa negli ultimi 3 anni ha fatto 4 aumenti di capitale, eppure quando la presento al sistema bancario, ha difficoltà ad ottenere prestiti. Questa società raccoglie soldi da tantissimi soggetti di natura privata: perché le banche non la supportano? Perché ancora non ha una storia di ricavi che mostri la capacità della startup di ripagare un debito. Siccome le startup nelle fasi iniziali della loro vita bruciano cassa — si parla di cash burn rate di una startup —, se non hai un tasso di assorbimento di cassa negativo, vai contro il principio di una banca, che deve valutare la capacità di una startup di generare flussi di cassa per restituire il debito. Quindi è molto complicato far coincidere le esigenze di una startup, che magari deve finanziare una roadmap ecologica, e comunque brucia cassa, con le esigenze di una banca che invece non presta soldi a chi brucia cassa.

Proprio a fronte di queste difficoltà, è più probabile che i founder si trovino costretti a richiedere un prestito bancario personale per sostenere le spese necessarie al sostentamento della startup nelle prime fasi del suo ciclo di vita.

Ragazza startupper spiega al suo team finanziare la startup

Fondi europei e “Smart&Start”

Tra i principali bandi dedicati al sostentamento e allo sviluppo delle startup possiamo trovare i fondi europei e il bando Smart&Start promosso da Invitalia.
Smart&Start Italia consiste in un programma che fornisce l’incentivo che sostiene la nascita e la crescita delle startup innovative, e finanzia progetti compresi tra 100.000 euro e 1,5 milioni di euro. Secondo quanto riportato sul bando e nel sito di Invitalia, Smart&Start Italia offre un finanziamento a tasso zero, senza alcuna garanzia, a copertura dell’80% delle spese ammissibili.
Questa percentuale può salire al 90% se la startup è costituita interamente da donne e/o da giovani sotto i 36 anni, oppure se tra i soci è presente un esperto col titolo di dottore di ricerca italiano (o equivalente) che lavora all’estero e vuole rientrare in Italia.
Sono beneficiari del bando le startup innovative costituite da non più di 60 mesi e iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese:

  • Startup innovative di piccola dimensione, costituite da non più di 60 mesi;
  • Team di persone fisiche che vogliono costituire una startup innovativa in Italia, anche se residenti all’estero, o cittadini stranieri in possesso dello “startup Visa”;
  • Imprese straniere che si impegnano a istituire almeno una sede sul territorio italiano.

Il progetto imprenditoriale deve possedere almeno una delle seguenti caratteristiche:

  • Avere un significativo contenuto tecnologico e innovativo;
  • Essere orientato allo sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things;
  • Essere finalizzato alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca pubblica e privata.

In quale fase del ciclo di vita di una startup cercare investimenti?

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, ci sono numerose metodologie differenti per finanziare una startup. Tuttavia, è bene comprendere a pieno le caratteristiche delle diverse fasi del ciclo di vita di una startup per capire in quale fase è meglio cercare finanziamenti. Come vedremo in seguito i diversi attori che potrebbero essere coinvolti nelle fasi di finanziamento come i business angel, venture capital e banche, si differenziano per precise caratteristiche, e per ognuno di loro vi è un momento della fase della startup ideale in cui investire. Nel nostro articolo di blog abbiamo approfondito le diverse fasi di una startup e i round di finanziamento che le caratterizzano.


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Qual è il finanziamento adatto per ogni fase della startup?

Come reiterato più volte, non tutti i metodi di finanziamento sono uguali e sempre adatti allo specifico momento che una startup si trova ad attraversare. Abbiamo visto, delineando i vantaggi ed i limiti di ciascuno strumento finanziario, come ad esempio molte forme di finanziamento siano inaccessibili alle startup neo costituite o nelle fasi iniziali della propria vita.

Il ciclo di vita di una startup si distingue in fasi diverse, ed allo stesso modo, le modalità di finanziamento più adeguate per ciascuna fase sono differenti, e dipendono dallo stadio di sviluppo del progetto, dal tipo di attività che la startup vuole finanziare — dallo sviluppo del prodotto, attività di ricerca, sino agli investimenti strutturali e costi legali. È necessario dunque valutare con accortezza il capitale necessario, nonché il momento giusto per inoltrare la propria richiesta di finanziamento o presentarsi agli investitori.

Il ciclo di vita di una startup si divide nelle seguenti fasi:

  • Fase Iniziale o di Pre-Seed;
  • Fase di Seed;
  • Fase di Startup;
  • Fase di Growth;
  • Fase di Bridge;
  • Fase di Exit.

Abbiamo chiesto a Virgilio Picca di illustrarci quali modalità di finanziamento sono più indicate per una startup nelle diverse fasi.

Fase iniziale o di pre-seed

La fase di pre-seed è la prima fase nel ciclo di vita di una startup: la società è stata appena costituita, o potrebbe trovarsi ancora a livello di team informale. Durante questa fase sono necessari finanziamenti per supportare lo sviluppo dell’idea e del modello di business, la formazione del team, i test e le analisi preliminari fondamentali a capire il potenziale sul mercato. Questa è una fase critica per le startup, in cui è raro che un investitore decida di rischiare immettendo denaro in un progetto cos’ incerto: pertanto lo startup ricorre all’autofinanziamento, dunque al bootstrapping, alle 3F, oppure partecipa a bandi e call per ottenere contributi a fondo perduto mediante un finanziamento pubblico.

Fase di seed

Quando la startup inizia ad espandersi, entra nella cosiddetta fase di seed, e necessita di denaro per proseguire la propria crescita. “In una fase seed la startup cerca soldi ad per finanziare, ad esempio, le attività di ricerca e sviluppo, la costruzione del prototipo, lo sviluppo della roadmap ecologica” ci spiega Picca. “Magari ha preparato un business plan, ma è nella fase precedente la generazione dei ricavi, non è ancora sul mercato: normalmente in una fase seed quello che cerca una startup sono importi fino a 500.000 euro. Normalmente, chi finanzia startup nella fase di seed sono i business angel e le 3F, family friends and fools. Direi che è impossibile pensare ad un investimento da parte di un venture capital, ed è altrettanto impossibile pensare di andare su una piattaforma di equity crowdfunding quando non si ha una storia anche minima di ricavi”.

Fase di startup

Nella fase di startup, l’attività richiede finanziamenti più consistenti. “Nella fase di startup siamo vicini al mercato, stiamo per partire, l’attività ricerca e sviluppo è stata completata, e siamo nella fase di dover sviluppare il prodotto, di doverlo industrializzare. Normalmente in una fase di startup si cercano tra i 600.000 euro e 1-1.5 milioni di euro. In questa fase i soggetti finanziatori sono i business angel, come nella fase precedente, oppure i venture capital specializzati nel finanziare realtà in una fase di cosiddetta startup,” sottolinea Picca.

Fase di growth

Successivamente alla fase di startup, si passa ad una fase di crescita e consolidamento. “Quando la startup è già sul mercato, comincia a generare i primi ricavi, magari brucia ancora cassa ma ha validato il prodotto, ha cominciato a fare le prime vendite, per l’accelerazione ha bisogno di quattrini e in questo caso chi interviene a finanziare una fase early — ma finale dell’early, di scaleup, sono appunto i venture capital, in quanto parliamo di finanziamenti da 2-4 milioni di euro,” spiega Picca. “Quando superiamo lo scale-up, siamo in crescita, entriamo in una fase di later stage: qui la startup ha bisogno di accelerare questa crescita, ed ha bisogno di finanziamenti per farlo. La società è già in breakeven o addirittura genera profitti, quindi è molto appetibile gli investitori, i venture capital che finanziano round B, round C, quindi round molto più importanti.”

Fase di bridge

Si giunge all’ultima fase di later stage, dopo la quale le aziende diventano mature e possono arrivare ad aprire il proprio capitale sul mercato borsistico, facendo una IPO. “Prima della IPO le startup possono fare un bridge loan, cioè un finanziamento ponte fino alla IPO. Normalmente consiste nell’emissione di un cosiddetto POC, un prestito obbligazionario convertibile: in questo caso la startup non è più una startup, ma un’azienda robusta che ha già una storia di ricavi, quindi fa debito, lasciando però all’investitore la possibilità di non chiedere la restituzione ma, prima della IPO, ad esempio, di chiedere la conversione del prestito in azioni, con uno sconto rispetto alla valutazione con cui la società andrà in Borsa.

Fase di exit

In fase di exit la startup non è più una startup, ma ha completa autonomia ed è in grado di autofinanziarsi. La exit può avvenire in diversi modi, normalmente con la quotazione in borsa (IPO) o con operazioni di Mergers and Acquisition, in cui si viene acquisiti da una realtà più grande. Con la exit, chi ha investito nella startup riesce a monetizzare il proprio investimento.

Come Finanziare una Startup

Come prepararsi a richiedere un finanziamento per la propria startup?

Come spiegato in precedenza, e sottolineato da Virgilio Picca, l’ottenimento di un finanziamento non dipende solamente dalla ricerca e dal valutare il giusto momento nel ciclo di vita della startup, ma da diversi fattori cruciali nel convincere un investitore ad immettere liquidità nel proprio progetto. In particolare, uno startupper dovrebbe, oltre ad avere un’idea solida, costruire un team forte e competente, un modello di business scalabile ed un pitch efficace per presentarlo ai potenziali finanziatori.

“Il pitch è un documento — normalmente un Power Point di una ventina di slide — in cui vengono evidenziate le caratteristiche peculiari della startup, ovvero: esiste un bisogno? Un bisogno che in questo momento non è soddisfatto da nessuno? Se c’è un bisogno esiste una soluzione? La soluzione è rappresentata dalla startup? Non solo: il bisogno deve tradursi in un’ampia quota di mercato,” spiega Picca.

“Dopodiché si passa alla descrizione del prodotto o del servizio che va a soddisfare il bisogno, alla presentazione del team, dei fondatori, di qual è la loro storia ed il loro background. Questi sono gli elementi fondamentali che devono caratterizzare un pitch. In secondo luogo, se si presenta la propria startup ad un investitore lo si fa perché si vogliono reperire dei finanziamenti, quindi è necessario esprimere la somma richiesta, e cosa si intende farne, come la si utilizzerà. Quando ci si presenta di fronte ad una platea di investitori e si racconta la propria azienda attraverso questo documento, si fa il cosiddetto elevator pitch”.

Oltre alla necessità di redigere un pitch deck che sia completo e soddisfacente, abbiamo chiesto a Virgilio Picca quali fossero le accortezze e gli aspetti da curare maggiormente per presentarsi in maniera efficace di fronte a dei potenziali investitori.

Non basta avere un’idea e raccontarla, il prodotto deve avere un minimo di validazione, anche attraverso interviste. Molte startup ad esempio sottopongono ad un campione rappresentativo un questionario, raccogliendo feedback sulla propria idea. Non è una validazione di mercato, ma è sicuramente un primo tentativo per capire se l’idea può funzionare. Perché chiunque può avere quella che considera una bellissima idea, che però poi non incontra interesse da parte dei potenziali destintari, quindi la startup non decollerà mai,” spiega Picca.

“Tutti devono avere il diritto di poter coltivare e sviluppare la propria idea, però non bisogna correre un rischio — che invece spesso viene corso da giovani startupper —, cioè innamorarsi della propria idea,” continua Picca. Credere fortemente nella tua idea ti dà convinzione, autostima, ma spesso ti fa correre il rischio di essere sordo a chi, magari spassionatamente, ti dà dei consigli per migliorarla. È importante quindi spingere con la propria idea, ma essere intelligentemente aperti ai suggerimenti, soprattutto quando arrivano da persone che hanno più esperienza, in particolare esperienza di business di exit. Ritengo ad esempio che in un team di fondatori dove c’è qualcuno che ha alle spalle un’esperienza di exit, anche una mini-exit, già ci sia un ingrediente in più che può rendere vincente quell’iniziativa. Soprattutto è fondamentale aprirsi ai consigli ed evitare il one-man team. Per me non esiste una startup uguale una persona: è necessario circondarsi di co-founder per startup che condividano l’idea e che possano darti una mano.”


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Quali sono invece i consigli per chi è alla prima esperienza imprenditoriale?

“Il consiglio è quello, all’inizio, di raccontare la propria idea in giro, senza svelare troppo le carte, di chiedere confronto, magari frequentando ambienti che possano favorire la crescita come gli incubatori e gli acceleratori. Posizionarsi all’interno di questi ambienti non assicura il successo dell’iniziativa, ma permette di entrare in un ecosistema dove è possibile trovare persone con la stessa vision, giovani con un’idea che la stanno spingendo, che la stanno portando sul mercato. Per me fa molto l’ecosistema in cui la startup cresce, e dunque il consiglio per i giovani è quello di cercare di entrare in questo ecosistema,” conclude Picca.

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