Fundraising

Come finanziare una startup: tutti i metodi

12 Dicembre 2022 Virgilio Picca

Come ottenere un finanziamento per avviare una startup?

Come finanziare una startup e come individuare lo strumento finanziario migliore per la fase di vita in cui si trova sono domande che i founder di un’impresa devono necessariamente porsi se vogliono ambire al successo. La mancanza di fondi, in particolare in un momento critico come l’inizio del progetto, è infatti uno dei principali motivi di fallimento delle startup. Ma quali sono i metodi e gli strumenti più adatti a finanziare una startup nelle diverse fasi del suo ciclo di vita, e quali i vantaggi e gli svantaggi di ciascuno? Ne abbiamo parlato con Virgilio Picca, fondatore e CEO di 74 Advisory, società di consulenza specializzata in servizi di CFO e supporto al funding per aziende di diverso tipo.

Ragazza startupper spiega al suo team come poter finanziare una startup

Come finanziare una startup: tutti i metodi

Le startup sono realtà spesso caratterizzate da una grande instabilità economica, specie all’inizio del progetto, quando gli elevati costi di sostentamento e i ricavi pressoché nulli possono determinare il fallimento dell’impresa appena avviata.

La ricerca di metodi di finanziamento e investitori interessati ad apportare il capitale economico necessario alla startup, è pertanto un processo cruciale per il successo del progetto di business. Il finanziamento di una startup può avvenire infatti attraverso diverse modalità, caratterizzate da vantaggi e requisiti differenti. Inoltre, a seconda della fase del ciclo di vita in cui si trova la startup e del suo valore, vi sono differenti esigenze e modalità di finanziamento consigliate, pertanto comprendere in che fase di trova la propria impresa è il primo passo per l’individuazione della forma di finanziamento più adatta.

Ma quali sono i metodi per finanziare una start up? Assieme a Virgilio Picca, founder e CEO di 74 ADVISORY con la quale segue startup ed aziende nelle attività di ricerca di fonti di finanziamento abbiamo voluto realizzare questa guida alle diverse tipologie di finanziamento e alla ricerca di fondi ed investitori per il proprio progetto.

Prima di guardare ai diversi strumenti finanziari, tuttavia, è bene fare una prima distinzione tra fonti di finanziamento in equity e fonti di finanziamento in debito:

  • Finanziamento in equity: con questa tipologia di finanziamento i fondatori della startup o della scaleup cedono quote di partecipazione al capitale sociale dell’azienda — dunque parte della proprietà— in cambio del denaro necessario alla crescita, che non deve così essere restituito. Cedere una parte del proprio capitale è spesso necessario per aumentare il valore della propria startup;
  • Finanziamento in debito: viene erogato da qualcuno, normalmente dalle banche nella forma di prestito, o da formule di finanziamento agevolate e deve essere restituito entro un determinato periodo di tempo, che si chiama periodo di ammortamento.

“Questa è una distinzione generale — il debito si restituisce, l’equity non si restituisce mai, ma si diventa soci con chi finanzia la startup. A seconda poi della fase di vita, le fonti di finanziamento all’interno di queste categorie sono diverse,” ha spiegato Picca.

In queste due macrocategorie, possiamo infatti individuare diverse forme di self e crowdfunding, e di finanziamento da parte di figure professionali come i business angel e venture capital.

I principali metodi per finanziare una startup sono:

  • Bootstrapping;
  • Family, Friends and Fools (3F o Love Capital);
  • Business Angels;
  • Venture Capital;
  • Corporate Venture Capital;
  • Crowdfunding;
  • Incubatori;
  • Acceleratori;
  • Finanza Agevolata e Bandi Startup Pubblici;
  • Banche.

Ciascuno di questi ha i suoi vantaggi, svantaggi e requisiti, e può essere più adatto o meno al finanziamento della startup in una fase specifica del suo ciclo di vita. Proprio per questo è fondamentale conoscere i diversi metodi di finanziamento e valutare le tempistiche di gestione, per non rivolgersi alla fonte sbagliata di funding nel momento sbagliato: è difficile ad esempio che una startup neo-costituita possa ottenere un finanziamento in debito, pertanto dovrà reperire fondi dalle diverse fonti di finanziamento in equity.

Scopriamo quindi le caratteristiche e vantaggi dei diversi metodi di finanziamento per startup, e quando è più opportuno per uno startupper prenderle in considerazione.

Bootstrapping

Il bootstrapping rappresenta una forma di autofinanziamento, ed è indicata per finanziare le spese della startup nelle primissime fasi del suo ciclo di vita.

In questa fase può risultare molto complicato trovare le fonti finanziarie necessarie, motivo per cui lo startupper dovrà finanziare la propria startup di tasca propria, mediante i propri risparmi o la rinuncia del proprio stipendio, che invece viene destinato al sostentamento dello start-up dell’azienda.

“Chi per primo contribuisce a finanziare la propria startup sono proprio i fondatori,” ci spiega Picca. “È difficile pensare ad una startup appena nata che paga gli stipendi a tutti i founder che ci lavorano. All’inizio, normalmente, non ci si paga lo stipendio: questa è la prima forma di finanziamento di una startup: io, fondatore, lavoro, presto il mio tempo, presto le mie idee alla startup e non mi pago, quindi “dono” tempo e sforzi alla mia creatura. Non si tratta esattamente di un finanziamento in equity, quanto di non prendere soldi dalla startup, che ne ha bisogno per crescere”.

Il finanziamento tramite bootstrapping rappresenta la modalità più semplice e immediata per l’apporto di capitale economico nella propria startup, e presenta alcuni vantaggi indiscutibili. Ricorrendo al bootstrapping i founder della startup non dovranno cedere nessuna quota della propria impresa, mentre la preoccupazione di dover utilizzare i propri risparmi li spinge a mantenere elevato il focus sulla validazione e lo sviluppo dell’idea di business, con l’obiettivo di massimizzare l’investimento effettuato.

Family, friends and fools (3F)

Quando i propri risparmi non dovessero bastare, si ricorre a Family, Friends and Fools (3F), uno strumento finanziario simile al bootstrapping, ma che coinvolge famigliari, amici e investitori folli.

“Si tratta di una forma di finanziamento più evoluta, che appartiene ad una fase della startup un po’ più avanzata. Friends, family and fools, le famose 3 F, sono gente che vuole aiutare lo startupper nello sviluppo del suo progetto,” spiega Picca. “Siamo uno startupper, raccontiamo la nostra idea ad un amico, ad un membro della famiglia, a cui l’idea piace e che decide di partecipare all’iniziativa, immettendo liquidità nella startup, entrando nel capitale della stessa. Poi ci sono i fools, gli investitori pazzi, che sentono raccontare l’idea e decidono di finanziarla: non guardano il business plan, non guardano se c’è un mercato di riferimento, sono semplicemente innamorati dell’idea e di come viene raccontata”.

L’utilizzo di questo metodo per finanziare una startup ha diversi vantaggi, tra cui la possibilità di non dover ricorrere ad investitori o enti esterni, evitando così di subire un impatto sulla governance della startup. Inoltre, il rientro del capitale prestato all’impresa è gestito in maniera autonoma dalla startup, trattandosi di somme di denaro che possono essere ottenute in tempi più brevi rispetto a quelli necessari alla ricerca di investitori, spesso senza necessità di particolari garanzie.

Le 3F sono considerate lo strumento fondamentale per superare la cosiddetta “vale della morte”, ovvero quella fase in cui la startup non è ancora in grado di generare ricavi ma produce costi per il suo sviluppo.

Tuttavia, il ricorso all’aiuto di amici e parenti potrebbe compromettere il rapporto personale con queste persone, andando ad influire negativamente sulla crescita della startup. Per questa ragione è sempre consigliabile stipulare accordi formali, che non lascino spazio a fraintendimenti e chiariscano i rischi dell’investimento.

Business angels

I business angel, o angel investor, sono gli investitori più ricercati dalle startup appena nate: si tratta di persone fisiche in possesso di un capitale da investire in progetti di startup o attività che reputano interessanti. Spesso, il ricorso ai business angel rappresenta per molte startup il primo contatto con un soggetto esterno.

“I business angel investono nella startup prendendo in cambio quote della stessa. Prima di immettere liquidità nella startup, questi investitori tendono a guardare il business plan, il mercato, il prodotto e le persone,” ci spiega Picca. “Se c’è mercato, se c’è un team strong e se c’è un piano bello robusto, si decide di investire”.

I vantaggi derivanti da questa forma di finanziamento sono diversi. Innanzitutto il denaro viene concesso in tempi abbastanza brevi, inoltre l’angel investor garantisce la professionalità che spesso manca alle startup nelle loro fasi premature a livello di skills, specialmente se la startup opera in un ambito vicino a quello dell’attività imprenditoriale dell’investor, nonché di networking , diventando un’importante figura di supporto e di mentoring.

È importante ricordare però che ricorrere al capitale concesso dal business angel comporta la cessione di una parte dell’impresa ad un soggetto esterno.

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ragazzo startupper che cerca un modo per finanziare una startup

Venture capital

Una forma di finanziamento in equity ancora più evoluta sono i Venture Capital, ovvero società finanziarie specializzate nell’investimento, che finanziano attività e progetti ad alto rischio.

“Un venture capital è una società di gestione del risparmio: raccoglie risparmi, fa il cosiddetto funding e poi investe questi denari in startup o scaleup particolarmente meritevoli. Il venture capital investe sia su startup, sebbene non all’inizio del loro percorso, che scaleup. È davvero difficile pensare a un VC che investa in una startup neonata o addirittura non ancora costituita, ma talvolta possono investire comunque in una fase — cosiddetta seed — iniziale della startup,” spiega Virgilio Picca.

Solitamente il venture capital raccoglie somme economiche da vari investitori per poi utilizzarle per investimenti in start-up e scale-up, impegnandosi a garantire loro un certo rendimento. Come nel caso dei business angel, un finanziamento da parte di un venture capital comporta la cessione di una parte della sovranità della startup, che a sua volta potrebbe avere un impatto non indifferente sulla governance dell’impresa.

In cambio di un coinvolgimento nei processi decisionali, il venture capital garantisce alla startup una serie di vantaggi che altre modalità di finanziamento non sono in grado di assicurare, andando a colmare le lacune che molte aziende, specialmente quando fondate da giovani imprenditori, presentano.

La exit del venture capital, in base alla exit strategy, potrebbe avvenire quando l’impresa viene quotata in borsa, o con l’ingresso di un venture capital più grande, realizzando un guadagno sul primo investimento.

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Corporate venture capital

Il corporate venture capital è una forma di venture capital che si occupa di gestire i fondi di un’impresa. Quello concesso dal corporate venture capital è un finanziamento in equity che segue le stesse modalità del finanziamento da parte di un Venture Capital, ovvero un investimento nella startup in cambio di quote nella stessa, con l’unica differenza che il finanziamento proviene non da un fondo di venture capital, bensì da un’azienda.

Crowdfunding

Il crowdfunding è un metodo per finanziare una startup attraverso un investimento collettivo.

“È un’apertura del capitale attraverso piattaforme fintech,” ci racconta Picca. “Viene realizzata lanciando una campagna di fundraising, in cui più persone possono investire il proprio denaro per supportare la startup”.

Ad oggi esistono diverse piattaforme di crowdfunding su cui è possibile pubblicare il proprio progetto e definire un obiettivo di raccolta, nonché diversi tipi di crowdfunding con differenti “ricompense” per i finanziatori:

  • Equity Crowdfunding: agli investitori viene garantita una piccola quota di partecipazione;
  • Reward Crowdfunding: gli investitori ricevono un ritorno non monetario, spesso nella forma del prodotto stesso della startup;
  • Donation Crowdfunding: i finanziatori non ricevono alcuna ricompensa.

L’equity crowdfunding è sicuramente la forma di crowdfunding più diffusa. A differenza dei business angel o del venture capital, il finanziamento tramite crowdfunding prevede infatti un aumento di capitale sottoscritto da tanti piccoli investitori, ciascuno dei quali acquisisce una quota così irrisoria della startup tanto da non essere in grado, da solo, di impattare sulla sua governance.

Incubatori e acceleratori

Gli incubatori e acceleratori di startup sono realtà molto importanti che si distinguono dalle modalità di finanziamento viste finora.

  • Gli incubatori per startup non investono direttamente nella startup, ma la “incubano”, generalmente nella fase iniziale del loro ciclo di vita e la aiutano a formare il proprio modello di business.
  • Gli acceleratori per startup, invece, investono nell’impresa innovativa con l’obiettivo di accelerarne la crescita e lo sviluppo.

“C’è sempre chi confonde tra incubatore e acceleratore. La funzione è più o meno la stessa, ovvero di proteggere la startup in una fase di vita delicata come la fase iniziale,” ci ha raccontato Virgilio Picca. “La differenza tra i due è il momento in cui avviene questa cura particolare. L’incubatore cura startup che spesso non sono neppure costituite: sono un gruppo di persone che ha un’idea, la racconta, magari partecipa allo Startup Weekend e vince tre mesi di incubazione in cui vengono messi loro a disposizione dei servizi, spesso gratuiti o a bassissimo costo per la crescita. Un esempio sono i servizi offerti da SprintX, incubatore per startup certificato dal MISE. L’accelerazione ha una natura di servizi molto simile, ma è rivolta a startup più avanti nel percorso, magari addirittura già arrivate sul mercato o che hanno comunque già superato la validazione del mercato”.

Finanza agevolata e bandi pubblici

Gli enti governativi come le Regioni, lo Stato e l’Unione Europea sono soliti pubblicare bandi e call per startup con l’obiettivo di incoraggiare la nascita e lo sviluppo di nuovi progetti imprenditoriali dal carattere innovativo. Questo è possibile tramite la concessione di finanziamenti a tasso agevolato e contributi a fondo perduto per startup.

“Gli strumenti di finanza agevolata sono un’importante fonte di finanziamento per startup che, a fronte di rendicontazione di costi, ottengono un grant, ovvero un contributo dallo Stato, la Regione o la Comunità Europea,” spiega Virgilio Picca.

Per ottenere i finanziamenti a tasso agevolato previsti dallo Stato e dalle Regioni è necessario partecipare al bando, presentando domanda entro i termini definiti, e soddisfare i requisiti previsti dalla misura specifica. Esistono bandi per diversi settori e tipologie di startup, incluse agevolazioni fiscali per startup innovative.

Consulta il nostro elenco aggiornato di bandi per start up in Puglia, bandi per start up innovative e finanziamenti per start up fondate da donne.

Banche

I prestiti concessi dalle banche rappresentano una delle forme di finanziamento più note, nonostante siano probabilmente tra le soluzioni più difficili per le startup, specialmente se nelle prime fasi del loro ciclo di vita, data la scarsa storia creditizia e la mancanza delle garanzie necessarie.

“Una startup appena costituita difficilmente riuscirà ad ottenere soldi dal sistema bancario. È vero, ci sono oggi le garanzie MCC per i finanziamenti erogati alle startup, ma dobbiamo essere onesti, non tutte le startup riescono ad accedervi. Difficile pensare che una startup neo-costituita, pur avendo un bel progetto, possa in qualche maniera accedere al canale bancario, seppur garantito dal Mediocredito Centrale. La legge lo prevede, quindi in linea di principio esiste questa possibilità, ma di fatto è molto, molto remota,” spiega Picca.

Ma in caso fosse possibile, cosa tiene in considerazione una banca prima di erogare il prestito?

“Una banca valuta il merito creditizio, l’andamentale, cioè come l’azienda appare in centrale rischi, un forte business plan. Nell’andamentale valuta anche la storia: ad esempio seguo un’azienda come fractional CFO, e questa negli ultimi 3 anni ha fatto 4 aumenti di capitale, eppure quando la presento al sistema bancario, ha difficoltà ad ottenere prestiti. Questa società raccoglie soldi da tantissimi soggetti di natura privata: perché le banche non la supportano? Perché ancora non ha una storia di ricavi che mostri la capacità della startup di ripagare un debito. Siccome le startup nelle fasi iniziali della loro vita bruciano cassa — si parla di cash burn rate di una startup —, se non hai un tasso di assorbimento di cassa negativo vai contro il principio di una banca, che deve valutare la capacità di una startup di generare flussi di cassa per restituire il debito. Quindi è molto complicato far coincidere le esigenze di una startup, che magari deve finanziare una roadmap ecologica, e comunque brucia cassa, con le esigenze di una banca che invece non presta soldi a chi brucia cassa”.

Proprio a fronte di queste difficoltà, è più probabile che i founder si trovino costretti a richiedere un prestito bancario personale per sostenere le spese necessarie al sostentamento della startup nelle prime fasi del suo ciclo di vita.

Ragazza startupper spiega al suo team finanziare la startup

In quale fase del ciclo di vita di una startup cercare investimenti?

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, ci sono numerosi metodi per finanziare una startup. Tuttavia, è bene comprendere a pieno le necessità e prerogative delle diverse fasi del ciclo di vita di una startup per capire in quale fase è meglio utilizzarli.

I diversi attori che potrebbero essere coinvolti nelle fasi di finanziamento, come i business angel, venture capital e banche, si differenziano infatti per precise caratteristiche (dagli obiettivi al capitale investibile) e per ognuno di loro vi è un momento ideale in cui investire.

Nel nostro articolo di blog abbiamo già approfondito le diverse fasi di una startup e i round di finanziamento che le caratterizzano: ripercorriamoli insieme.


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Qual è il finanziamento adatto per ogni fase della startup?

Il ciclo di vita di una startup si divide nelle seguenti fasi:

  • Fase Iniziale o di Pre-Seed;
  • Fase di Seed;
  • Fase di Startup;
  • Fase di Growth;
  • Fase di Bridge;
  • Fase di Exit.

Per ciascuna di esse, in base allo stadio di sviluppo del progetto, alle attività che si intende finanziare, dallo sviluppo del prodotto, attività di ricerca, sino agli investimenti strutturali e costi legali, vi sono determinati attori finanziari che meglio si addicono all’investimento di capitale nel progetto. Per uno startupper è fondamentale dunque valutare con accortezza il capitale necessario, nonché il momento giusto per inoltrare la propria richiesta di finanziamento o presentarsi agli investitori.

Abbiamo chiesto a Virgilio Picca di illustrarci quali modalità di finanziamento sono più indicate per una startup nelle diverse fasi.

Fase iniziale o di pre-seed

La fase di pre-seed è la prima fase nel ciclo di vita di una startup: la società è stata appena costituita, o potrebbe trovarsi ancora a livello di team informale.

Durante questa fase sono necessari finanziamenti per supportare lo sviluppo dell’idea e del modello di business, la formazione del team, i test e le analisi preliminari fondamentali a capire il potenziale sul mercato. Questa è una fase critica per le startup, in cui è raro che un investitore decida di rischiare immettendo denaro in un progetto così incerto: pertanto lo startupper ricorre all’autofinanziamento, dunque al bootstrapping, alle 3F, oppure partecipa a bandi e call per ottenere contributi a fondo perduto mediante un finanziamento pubblico.

Fase di seed

Quando la startup inizia ad espandersi entra nella cosiddetta fase di seed, e necessita di denaro per proseguire la propria crescita. “In una fase seed la startup cerca soldi ad per finanziare, ad esempio, le attività di ricerca e sviluppo, la costruzione del prototipo, lo sviluppo della roadmap ecologica” ci spiega Picca. “Magari ha preparato un business plan, ma è nella fase precedente la generazione dei ricavi, non è ancora sul mercato: in una fase seed quello che cerca una startup sono importi fino a 500.000 euro. Normalmente, chi finanzia startup nella fase di seed sono i business angel e le 3F, family friends and fools. Direi che è impossibile pensare ad un investimento da parte di un venture capital, ed è altrettanto impossibile pensare di andare su una piattaforma di equity crowdfunding quando non si ha una storia anche minima di ricavi”.

Fase di startup

Nella fase di startup, l’attività richiede finanziamenti più consistenti.

“Nella fase di startup siamo vicini al mercato, stiamo per partire, l’attività ricerca e sviluppo è stata completata, e siamo nella fase di dover sviluppare il prodotto, di doverlo industrializzare. Normalmente in una fase di startup si cercano tra i 600.000 euro e 1-1.5 milioni di euro. In questa fase i soggetti finanziatori sono i business angel, come nella fase precedente, oppure i venture capital specializzati nel finanziare realtà in una fase di cosiddetta startup,” sottolinea Picca.

Fase di growth

Successivamente alla fase di startup, si passa ad una fase di crescita e consolidamento. “Quando la startup è già sul mercato, comincia a generare i primi ricavi, magari brucia ancora cassa ma ha validato il prodotto, ha cominciato a fare le prime vendite, ha bisogno di quattrini per l’accelerazione. In questo caso chi interviene a finanziare una fase early — ma finale dell’early — di scale-up, sono appunto i venture capital, in quanto parliamo di finanziamenti da 2-4 milioni di euro,” spiega Picca. “Quando superiamo lo scale-up siamo in crescita, entriamo in una fase di later stage: qui la startup ha bisogno di accelerare questa crescita, ed ha bisogno di finanziamenti per farlo. La società è già in breakeven o addirittura genera profitti, quindi è molto appetibile per gli investitori, i venture capital che finanziano round B, round C, quindi round molto più importanti.”

Fase di bridge

Si giunge all’ultima fase, la fase di di later stage, dopo la quale le aziende diventano mature e possono arrivare ad aprire il proprio capitale sul mercato borsistico facendo una IPO, o Initial Public Offering.

“Prima della IPO le startup possono fare un bridge loan, cioè un finanziamento ponte fino alla IPO. Normalmente consiste nell’emissione di un cosiddetto POC, un prestito obbligazionario convertibile: in questo caso la startup non è più una startup, ma un’azienda robusta che ha già una storia di ricavi, quindi fa debito, lasciando però all’investitore la possibilità di non chiedere la restituzione ma, prima della IPO, ad esempio, di chiedere la conversione del prestito in azioni, con uno sconto rispetto alla valutazione con cui la società andrà in Borsa,” spiega Picca.

Fase di exit

In fase di exit la startup non è più una startup, ma ha completa autonomia ed è in grado di autofinanziarsi. La messa in atto della exit strategy può avvenire in diversi modi, normalmente con la quotazione in borsa (IPO) o con operazioni di Mergers and Acquisition, in cui si viene acquisiti da una realtà più grande. Con la exit, chi ha investito nella startup riesce a monetizzare il proprio investimento.

Come Finanziare una Startup

Come prepararsi a richiedere un finanziamento per la propria startup?

L’ottenimento di un finanziamento non dipende solamente dalla ricerca e dal valutare il giusto momento nel ciclo di vita della startup, ma da diversi fattori cruciali nel convincere un investitore ad immettere liquidità nel progetto. In particolare, uno startupper dovrebbe, oltre ad avere un’idea solida, costruire un team forte e competente, avere un modello di business scalabile ed un pitch deck efficace per presentarlo ai potenziali finanziatori.

“Il pitch è un documento — normalmente un Power Point di una ventina di slide — in cui vengono evidenziate le caratteristiche peculiari della startup, ovvero: esiste un bisogno? Un bisogno che in questo momento non è soddisfatto da nessuno? Se c’è un bisogno esiste una soluzione? La soluzione è rappresentata dalla startup? Non solo: il bisogno deve tradursi in un’ampia quota di mercato,” spiega Picca.

“Dopodiché si passa alla descrizione del prodotto o del servizio che va a soddisfare il bisogno, alla presentazione del team, dei fondatori, di qual è la loro storia ed il loro background. Questi sono gli elementi fondamentali che devono caratterizzare un pitch. In secondo luogo, se si presenta la propria startup ad un investitore, lo si fa perché si vogliono reperire dei finanziamenti, quindi è necessario esprimere la somma richiesta e cosa si intende farne. Quando ci si presenta di fronte ad una platea di investitori e si racconta la propria azienda attraverso questo documento, si fa il cosiddetto elevator pitch”.

Oltre alla necessità di redigere un pitch deck che sia completo e soddisfacente, abbiamo chiesto a Virgilio Picca quali fossero le accortezze e gli aspetti da curare maggiormente per presentarsi in maniera efficace di fronte a dei potenziali investitori.

Non basta avere un’idea e raccontarla, il prodotto deve avere un minimo di validazione, anche attraverso interviste. Molte startup ad esempio sottopongono ad un campione rappresentativo un questionario, raccogliendo feedback sulla propria idea. Non è una validazione di mercato, ma è sicuramente un primo tentativo per capire se l’idea può funzionare. Perché chiunque può avere quella che considera una bellissima idea, che però poi non incontra interesse da parte dei potenziali destinatari, quindi la startup non decollerà mai,” spiega Picca.

Per approfondire, leggi il nostro articolo su come validare un’idea di business.

“Tutti devono avere il diritto di poter coltivare e sviluppare la propria idea, però non bisogna correre un rischio — che invece spesso viene corso da giovani startupper —, cioè innamorarsi della propria idea,” continua Picca. Credere fortemente nella tua idea ti dà convinzione, autostima, ma spesso ti fa correre il rischio di essere sordo a chi, magari spassionatamente, ti dà dei consigli per migliorarla. È importante quindi spingere con la propria idea, ma essere intelligentemente aperti ai suggerimenti, soprattutto quando arrivano da persone che hanno più esperienza, in particolare esperienza di business di exit. Ritengo ad esempio che in un team di fondatori dove c’è qualcuno che ha alle spalle un’esperienza di exit, anche una mini-exit, già ci sia un ingrediente in più che può rendere vincente quell’iniziativa. Soprattutto è fondamentale aprirsi ai consigli ed evitare il one-man team. Per me non esiste il concetto di startup uguale una persona: è necessario circondarsi di co-founder che condividano l’idea e che possano darti una mano.”


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Quali sono invece i consigli per chi è alla prima esperienza imprenditoriale?

“Il consiglio è quello, all’inizio, di raccontare la propria idea in giro, senza svelare troppo le carte, di chiedere confronto, magari frequentando ambienti che possano favorire la crescita, come gli incubatori e gli acceleratori. Posizionarsi all’interno di questi ambienti non assicura il successo dell’iniziativa, ma permette di entrare in un ecosistema dove è possibile trovare persone con la stessa vision, giovani con un’idea che la stanno spingendo, che la stanno portando sul mercato. Per me fa molto l’ecosistema in cui la startup cresce, e dunque il consiglio per i giovani è quello di cercare di entrare in questo ecosistema,” conclude Picca.

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